Il pan e Vin

IL PAN E VIN

Col Pan e Vin il falò ricorda i Magi

Il Pan e Vin è una usanza preromana. E’ di origine celtica infatti la tradizione del Pan e Vin di enormi dimensioni eretto dalla Famiglia De Toni che ogni sera del 5 gennaio continua a venire incendiato dal bambino più giovane tra la moltitudine di persone che ogni anno si riuniscono qui.

Il suo significato originario era quello di evocare il ritorno del sole sulla terra, cioè l’allungarsi delle giornate che si inizia dal solstizio d’inverno. Caratteristica costante della tradizione popolare è là continuazione del rito anche dopo l’esaurimento dei significati.

Nel Medioevo, quando si completò anche nelle nostre campagne l’opera di integrazione nel cristianesimo delle liturgie pagane, i falò del solstizio vennero spostati all’Epifania per ricordare i re magi che portarono doni al Bambino appena nato. La notte del falò continuava però a essere un momento di incontro di tutta una comunità agricola che auspicava nel nuovo anno doni dalla terra meno avari del passato. Da qui, un complesso rituale che variava a seconda dei luoghi, comprendente l’esame dei carboni e della direzione delle scintille. Nel Trevigiano, se andavano verso il poverissimo Friuli, si prospettava un annodi miseria, se andavano invece verso le ricche terre di pianura, allora ci sarebbero stati raccolti abbondanti. Nel secolo scorso, questa arte divinatoria era ormai divenuta un gioco espresso in strofette scherzose. I falò però si continuavano a tenere, col nome di Pan e Vin nell’area trevigiana e veneziana, pirola-parola in quella padovana, brugnelo in tutto il basso Veneto. Tutti i significati del falò erano ormai perduti, però resisteva il suo valore di momento di incontro di tutta una comunità. I falò serviranno cioè a saldare il senso comunitario, l’integrazione in un gruppo sociale preciso nel quale il singolo trovava protezione. Da qui, l’usanza della pinza, rustico dolce tipico dell’occasione, di cui ciascuno doveva assaggiare sette tipi, durante la visita a sette famiglie diverse.

E’ comprensibile come questa usanza vada ritrovando oggi un nuovo sviluppo, anche in luoghi dove era stata abbandonata. E’ chiaro che ormai la divinazione è divenuta solo un gioco collettivo. Però, in questo momento storico, in cui la facilità del trasporti e l’invadenza dei mass-media sta creando fenomeni di perdita dell’identità collettiva, il Pan e Vin recupera il suo valore di momento di aggregazione di tutta una comunità, in una liturgia che non ha più i significati originari, ma si richiama a valori di cui tutti sentono la mancanza nel fondo della coscienza.

Il richiamo a un passato a cui nessuno vorrebbe tornare non è quindi nostalgia, ma riferimento a situazioni collettive che in campagna sono durate più a lungo e di cui c’è ancora il ricordo.

(Tratto liberamente da Il Gazzettino di sabato 5 gennaio 1991)